La discriminazione linguistica (di Edoardo Pusillo)

Creato Venerdì, 19 Ottobre 2018 Ultima modifica il Martedì, 21 Maggio 2019
Per la Corte europea dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa e per
l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, il principio di non
discriminazione significa <
garantire a tutti gli individui di accedere in modo equo e
paritario alle opportunità offerte dalla società
>1. Da ciò si evince che il
corrispondente diritto alla non discriminazione va inteso come diritto umano ed è
parte del più generale principio di uguaglianza di tutti gli esseri umani.
Il termine discriminazione deriva dal latino
discriminātio -onis e rappresenta
l’atto di discriminare, cioè distinguere, differenziare, separare
2 ma pure emarginare,
isolare, escludere.
Se il concetto di discriminazione, genericamente inteso, appare univoco, non
altrettanto sono i motivi ed i fini per cui viene attuato il diverso trattamento. Per
comodità espositiva possiamo suddividere la discriminazione in base alle
motivazioni. Nei rapporti umani troviamo per esempio la discriminazione razziale in
riferimento ai caratteri somatici (cioè l’emarginazione di gruppi perché diversi dal
genere dominante), di origine etnica in riferimento alla cultura del gruppo di
appartenenza (cioè l’esclusione o comunque la diversità di trattamento delle persone
a seconda della loro istruzione, della formazione intellettuale ed al patrimonio di
conoscenze ... ), politica (esclusione o comunque la diversità di trattamento delle
persone a seconda della loro convinzione ideologica), religiosa (anche in questo caso
l’esclusione o comunque la diversità di trattamento delle persone ma secondo la loro
fede), di genere (diversità di trattamento basata sul genere sessuale soprattutto
relativamente all’accesso a diritti o opportunità) e via dicendo. Per quanto attiene
invece i fini, sempre relativamente ai rapporti umani, nel suo connotato più negativo
rappresenta un atteggiamento ostile posto in essere per isolare, escludere o anche
incolpare e condannare una determinata persona, o categoria di persone, sulla
semplice base del fatto che possiede , o non possiede, un determinato “requisito” e
ciò è elemento caratterizzante di differenziazione dal gruppo dominante.
In altri ambiti la discriminazione ha però un connotato diverso e non sempre
indica un trattamento più sfavorevole ma semplicemente un diverso trattamento
rispetto a quella che si presuppone essere la regola. In economia troviamo, per
esempio, la “discriminazione dei prezzi” ovvero la possibilità, in una situazione di
monopolio, di vendere lo stesso prodotto a prezzi diversi a seconda dell’elasticità
della domanda dei diversi gruppi di consumatori in cui il mercato può essere diviso,
oppure la “discriminazione degli imponibili”, cioè la differenziazione del trattamento
fiscale degli imponibili a seconda della loro natura (per esempio i redditi di capitale
rispetto ai redditi di lavoro ecc.), o ancora la “differenziazione delle tariffe” in
relazione all’offerta di uno stesso servizio. Nel commercio marittimo oppure aereo
esiste la cosiddetta “discriminazione di bandiera” cioè la scelta di riservare, a
determinati traffici, condizioni di favore alle navi o agli aerei di una data nazione. In
medicina (neurologia) con il termine discriminazione viene, invece, indicata la
capacità di differenziare a livello percettivo stimoli e sensazioni differenti.
Non tutte le discriminazioni hanno, come abbiamo visto, un connotato negativo.
Va sottolineato inoltre che in un determinato contesto una qualsiasi disparità di
trattamento è ammissibile laddove sussiste una “oggettiva e ragionevole
giustificazione”. Non è facile però definire in astratto la nozione di “giustificazione
oggettiva” perché dipende sempre da particolari circostanze
3. Se discriminare, in
ambito sociale, significa infatti porre in atto un diverso trattamento, occorre pertanto
far sempre riferimento all’ambito in cui tale differenziazione viene attuata, alla causa
o motivo e, necessariamente, al fine che si vuole raggiungere.
La discriminazione linguistica riguarda ovviamente solo i rapporti tra le persone
ed ha una sua particolare tipicità.
Si parla di discriminazione linguistica quando la lingua è motivo di esclusione. In
altri termini si tratta dell’attuazione di un comportamento diverso e meno favorevole
verso singole persone o gruppi di persone a causa del diverso idioma usato dal
gruppo dominante. Diverso comportamento che rivela una disparità di giudizio e di
trattamento.
La lingua che ognuno di noi utilizza è lo “strumento” per dialogare, capire e
farsi capire dagli altri ma la lingua è anche, e soprattutto, il mezzo di trasmissione
della cultura di un popolo. Attraverso la lingua i popoli comunicano tra loro ma pure
spiegano e diffondono le loro convinzioni ideologiche, religiose o etiche. Così come
apprendono e confrontano le diversità. Il linguaggio assurge pertanto al ruolo
insostituibile di elemento cognitivo e non solo comunicativo. La lingua infatti
racchiude in sé la maggior parte della storia di una comunità, e buona parte della sua
identità
4. In materia di discriminazione la lingua va pertanto presa in considerazione
come fondamentale elemento cognitivo e non solo comunicativo.
Al mondo, secondo i dati presenti nel sito della Giornata europea delle lingue
ideata dal Consiglio d’Europa e dall’Unione europea, esistono tra 6mila e 7mila
diverse lingue (la differenza è dovuta all’ambiguità del confine tra lingue e dialetti e
pertanto alle difficoltà di classificazione). Di tutte queste lingue, circa 700 hanno
raggiunto un livello definito istituzionale e più di 1.500 sono quelle che si muovono
verso di esso. A fronte di altre 2.500 che godono di buona salute, ve ne sono poi
1.500 in difficoltà e 90 invia di estinzione
5.
La discriminazione linguistica si differenzia dagli altri tipi di discriminazione
(di razza, religione e via dicendo) per la caratteristica propria della lingua: serve per
comunicare. La discriminazione linguistica ha quindi in primo luogo lo scopo di
escludere una singola persona o un gruppo minoritario dal dialogo, dalla
comunicazione o dalla partecipazione con lo scopo di emarginarlo. Se un gruppo
parla una lingua che non tutti i presenti capiscono, automaticamente emarginano
questi ultimi che se non voglio essere esclusi sono costretti ad imparare ad usare la
lingua del gruppo dominante. Le implicazioni culturali sono evidenti. Non a caso
storicamente i conquistatori hanno sempre cercato di imporre la propria lingua ai
popoli conquistati, lingua dichiarata ufficiale, cioè l’idioma utilizzato per le leggi, gli
atti delle pubbliche amministrazioni, i contratti ecc. Il gruppo dominante ha, in questo
modo, cercato di imporre indirettamente anche la propria cultura. Ovviamente non è
possibile che venga con semplicità, ed in un breve lasso di tempo, cancellata la
lingua madre di un popolo o di un gruppo minoritario, anche se conquistato e
sottomesso, ma tale lingua risulterà secondaria rispetto a quella imposta la cui
conoscenza diventerà indispensabile per la comunicazione tra i cittadini ed il potere.
A poco a poco la lingua dei conquistati o del gruppo minoritario, continuando ad
essere inutilizzata, occuperà un posto decisamente marginale nelle relazioni tra le
persone.
La discriminazione linguistica può pertanto indicare la volontà di respingere,
rifiutare o condannare una determinata, e diversa, cultura (la lingua diventa quindi
strumento per attuare una discriminazione basata su altri motivi).
La discriminazione linguistica può essere attuata in diversi ambiti sociali e con
diverse finalità, per esempio nel lavoro (per escludere l’accesso a determinati posti o
l’ammissione a determinati concorsi), in taluni servizi pubblici o privati (rendendo
quindi difficoltosa l’accessibilità), nell’informazione (ostacolando la comprensione di
taluni diritti o doveri) e via dicendo.
La discriminazione linguistica può anche essere attuata non riconoscendo
volutamente la lingua di un gruppo minoritario, imponendo la lingua del gruppo
maggioritario, costringendo taluni ad adeguarsi per non essere esclusi. Tutto ciò non
vuol dire che in un determinata regione o Stato non debba prevalere una lingua
stabilita, soprattutto se è quella ufficiale dello Stato o della regione. La
discriminazione linguistica si attua, come abbiamo precisato, quando la diversità
linguistica è finalizzata a porre in essere un comportamento meno favorevole nei
confronti di qualcuno. Per accertare o meno se vi è discriminazione linguistica basta
infatti porsi una semplice domanda: vi è un nesso di causalità tra un trattamento
meno favorevole e la diversa lingua parlata da uno o più persone? Se la risposta è
affermativa siamo in presenza di discriminazione basata sulla lingua. In altre parole
la lingua rappresenta lo strumento per attuare l’esclusione indipendentemente dal
motivo razziale, etnico, religioso ecc. Anche per la lingua se sussiste l’ “oggettiva e
ragionevole giustificazione”, è ammissibile un diverso trattamento. E’ il caso di un
bando di concorso (o più semplicemente una offerta di lavoro) per la ricerca di un
insegnate di lingua; è ovvio che per poter ambire a quel determinato posto di lavoro
la richiesta conoscenza di una determinata lingua è condizione indispensabile; in
questo caso siamo quindi in presenza di una “oggettiva e ragionevole
giustificazione”.

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1 Cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo e Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, Manuale di diritto europeo della
non discriminazione
, Ufficio pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2011.

2 Alberto Nocentini (a cura di), L’etimologico, ed Le Monnier, 2010.

3 Antonio Tizzano (a cura di), Trattati dell’Unione europea e della Comunità europea, Giuffrè editore, Milano, 2004.

4 Cfr David Crystal, La rivoluzione delle lingue, il Mulino, Bologna, 2005.

Cfr Gian Luigi Beccaria e Andrea Graziosi, Lingua madre, il Mulino, Bologna, 2015, e Pier Marco Bertinetto, Adeguate
imperfezioni. Sulla scelta di una lingua comune per l’Europa federata ed altri saggi di linguistica
, Ed Sellerio, Palermo, 2009.