L'Europa che verrà

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L'emozione di parlare di Europa in aula (di Stella Acerno) 
La Brexit con le sue incognite sulle relazioni internazionali del prossimo futuro, l'affermazione delle teorie
sovraniste che stanno attraversando i Paesi europei, le difficoltà della moneta unica e il futuro del
multilinguismo in Europa: sono alcuni degli aspetti affrontati nel corso di "L'Europa che verrà...", l'iniziativa
organizzata dall'Università di Genova. L'incontro, al quale hanno partecipato numerosi studenti, si è svolto il
9 gennaio 2019 presso la Biblioteca del Dipartimento di Lingue e Culture moderne della Scuola di Scienze
Umanistiche.
Hanno partecipato: Elisa Bricco, direttrice del Dipartimento di Lingue e Culture moderne, Bruno Marasà,
responsabile della Rappresentanza a Milano del Parlamento europeo e Carlo Degli Abbati, già funzionario
della Corte dei conti Ue, mâitre de conférences all'Università Libera di Bruxelles.
Ha coordinato l'incontro Edoardo Pusillo, docente di Diritto dell'Unione europea.
Elisa Bricco nella sua introduzione ha sottolineato il ruolo internazionale del Dipartimento di Lingue e
Culture moderne e l'importanza del Progetto Erasmus, oltre alle sfide che i giovani laureati dovranno
affrontare in un mondo globalizzato.
Bruno Marasà, che per molti anni a Bruxelles si è occupato di politica estera, ha ricordato l'importanza di
parlare di Europa, citando anche la collaborazione con il Centro in Europa di Genova, diretto da Carlotta
Gualco, presente all'incontro.
"Sono molti i modi in cui si può parlare dell'Europa - ha premesso - anche se in questo periodo la moda è
parlarne male. E' giusto partire dal Parlamento europeo, che è l'unica istituzione eletta dai cittadini
europei, ogni 5 anni". Ne ha poi indicato il percorso storico: "Se L'Unione europea ha meno di un secolo,
circa 70 anni, il suo Parlamento, espressione più alta della democrazia dei cittadini, ha solo 40 anni.
Quando è nato, nel 1979, non aveva nessun potere sostanzialmente. Nel corso degli anni ha contribuito
attivamente al consolidamento del processo di integrazione europeo che è avanzato, basti pensare alla
moneta unica, ed ha via via ottenuto più poteri sino ad arrivare all'ultimo Trattato, quello di Lisbona del
2009, che ha rivisto tutti i trattati precedenti: il Parlamento europeo è diventato co-legislatore a tutti gli
effetti su tutte le materie di competenza comunitaria."
Bruno Marasà ha indicato la possibilità di far ricorso all'art 7 del Trattato dell'Unione europea. "Questo
articolo -ha precisato - prevede che se uno Stato viola i diritti fondamentali e le norme democratiche
aggiornate con il Trattato di Lisbona, può essere sospeso dall'appartenenza all'Unione europea con la
sospensione del voto nel Consiglio dei Ministri." Come significativo esempio di attualità ha ricordato quanto
accaduto di recente con l'Ungheria. "Io c ero quel giorno a Strasburgo - ha detto - l'Ungheria ha
palesemente violato alcune norme dello stato di diritto. Allora il Parlamento europeo, in larga maggioranza,
ha votato quella risoluzione. Quindi ora l'Ungheria in questo momento è "sotto accusa" al Consiglio
europeo sulla base di una risoluzione formale adottata dal Parlamento europeo."
"Voi avete iniziato - ha detto agli studenti Carlo Degli Abbati nel successivo intervento - un percorso
straordinario e affascinante, che io ho cominciato a 14 anni quando alla Camera di Commercio di Genova
ascoltavo affascinato le conferenze di Altiero Spinelli, fondatore del Movimento Federalista europeo.
L'Unione europea è incisiva e presente nella vita di tutti i suoi cittadini - ha anche specificato - Quando la
mattina prendiamo il cappuccino al bar, ad esempio, noi diamo un contributo al bilancio europeo, che vive
di risorse proprie tra cui una parte del gettito nazionale dell'IVA."
Carlo Degli Abbati ha poi approfondito alcuni temi riguardanti l' Unione europea come la comunicazione, la
valutazione delle politiche e l'interazione tra l'Unione europea e vari soggetti politici ed economici
internazionali (tra cui gli Uniti d'America, la Cina, la Federazione Russa, il Fondo Monetario, la Banca
Mondiale, l'ONU, l'OSCE).
Rispetto al tema della comunicazione, ha evidenziato alcune tendenze: "Ad esempio l' interesse immediato
dei politici locali a nascondere nell'informazione ai cittadini la propria partecipazione a decisioni - recepite
magari anche negativamente all'inizio - per additare un nemico esterno come responsabile di decisioni che
loro stessi hanno assunto".
Il professor Edoardo Pusillo ha invece trattato il tema del multilinguismo e della multiculturalità europea che
caratterizzano l' Unione. Rivolgendosi agli studenti ha sottolineato: "L'Europa può fare a meno di tutto,
tranne che di traduttori e interpreti, se si vuole proseguire il dialogo europeo." Ha anche ricordato agli
studenti che attraverso i loro corsi di studi e la conoscenza del funzionamento dell'Europa, loro hanno un
valore aggiunto fondamentale nella competitività nel mercato del lavoro."Voi avete" ha aggiunto "strumenti
ed elementi per capire come stanno le cose e formulare il vostro giudizio".
Bruno Masarà ha infine illustrato i risultati finora ottenuti nell'ambito della campagna "io stavoltavoto" del
Parlamento europeo.

La discriminazione linguistica (di Edoardo Pusillo)

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Per la Corte europea dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa e per
l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, il principio di non
discriminazione significa <
garantire a tutti gli individui di accedere in modo equo e
paritario alle opportunità offerte dalla società
>1. Da ciò si evince che il
corrispondente diritto alla non discriminazione va inteso come diritto umano ed è
parte del più generale principio di uguaglianza di tutti gli esseri umani.
Il termine discriminazione deriva dal latino
discriminātio -onis e rappresenta
l’atto di discriminare, cioè distinguere, differenziare, separare
2 ma pure emarginare,
isolare, escludere.
Se il concetto di discriminazione, genericamente inteso, appare univoco, non
altrettanto sono i motivi ed i fini per cui viene attuato il diverso trattamento. Per
comodità espositiva possiamo suddividere la discriminazione in base alle
motivazioni. Nei rapporti umani troviamo per esempio la discriminazione razziale in
riferimento ai caratteri somatici (cioè l’emarginazione di gruppi perché diversi dal
genere dominante), di origine etnica in riferimento alla cultura del gruppo di
appartenenza (cioè l’esclusione o comunque la diversità di trattamento delle persone
a seconda della loro istruzione, della formazione intellettuale ed al patrimonio di
conoscenze ... ), politica (esclusione o comunque la diversità di trattamento delle
persone a seconda della loro convinzione ideologica), religiosa (anche in questo caso
l’esclusione o comunque la diversità di trattamento delle persone ma secondo la loro
fede), di genere (diversità di trattamento basata sul genere sessuale soprattutto
relativamente all’accesso a diritti o opportunità) e via dicendo. Per quanto attiene
invece i fini, sempre relativamente ai rapporti umani, nel suo connotato più negativo
rappresenta un atteggiamento ostile posto in essere per isolare, escludere o anche
incolpare e condannare una determinata persona, o categoria di persone, sulla
semplice base del fatto che possiede , o non possiede, un determinato “requisito” e
ciò è elemento caratterizzante di differenziazione dal gruppo dominante.
In altri ambiti la discriminazione ha però un connotato diverso e non sempre
indica un trattamento più sfavorevole ma semplicemente un diverso trattamento
rispetto a quella che si presuppone essere la regola. In economia troviamo, per
esempio, la “discriminazione dei prezzi” ovvero la possibilità, in una situazione di
monopolio, di vendere lo stesso prodotto a prezzi diversi a seconda dell’elasticità
della domanda dei diversi gruppi di consumatori in cui il mercato può essere diviso,
oppure la “discriminazione degli imponibili”, cioè la differenziazione del trattamento
fiscale degli imponibili a seconda della loro natura (per esempio i redditi di capitale
rispetto ai redditi di lavoro ecc.), o ancora la “differenziazione delle tariffe” in
relazione all’offerta di uno stesso servizio. Nel commercio marittimo oppure aereo
esiste la cosiddetta “discriminazione di bandiera” cioè la scelta di riservare, a
determinati traffici, condizioni di favore alle navi o agli aerei di una data nazione. In
medicina (neurologia) con il termine discriminazione viene, invece, indicata la
capacità di differenziare a livello percettivo stimoli e sensazioni differenti.
Non tutte le discriminazioni hanno, come abbiamo visto, un connotato negativo.
Va sottolineato inoltre che in un determinato contesto una qualsiasi disparità di
trattamento è ammissibile laddove sussiste una “oggettiva e ragionevole
giustificazione”. Non è facile però definire in astratto la nozione di “giustificazione
oggettiva” perché dipende sempre da particolari circostanze
3. Se discriminare, in
ambito sociale, significa infatti porre in atto un diverso trattamento, occorre pertanto
far sempre riferimento all’ambito in cui tale differenziazione viene attuata, alla causa
o motivo e, necessariamente, al fine che si vuole raggiungere.
La discriminazione linguistica riguarda ovviamente solo i rapporti tra le persone
ed ha una sua particolare tipicità.
Si parla di discriminazione linguistica quando la lingua è motivo di esclusione. In
altri termini si tratta dell’attuazione di un comportamento diverso e meno favorevole
verso singole persone o gruppi di persone a causa del diverso idioma usato dal
gruppo dominante. Diverso comportamento che rivela una disparità di giudizio e di
trattamento.
La lingua che ognuno di noi utilizza è lo “strumento” per dialogare, capire e
farsi capire dagli altri ma la lingua è anche, e soprattutto, il mezzo di trasmissione
della cultura di un popolo. Attraverso la lingua i popoli comunicano tra loro ma pure
spiegano e diffondono le loro convinzioni ideologiche, religiose o etiche. Così come
apprendono e confrontano le diversità. Il linguaggio assurge pertanto al ruolo
insostituibile di elemento cognitivo e non solo comunicativo. La lingua infatti
racchiude in sé la maggior parte della storia di una comunità, e buona parte della sua
identità
4. In materia di discriminazione la lingua va pertanto presa in considerazione
come fondamentale elemento cognitivo e non solo comunicativo.
Al mondo, secondo i dati presenti nel sito della Giornata europea delle lingue
ideata dal Consiglio d’Europa e dall’Unione europea, esistono tra 6mila e 7mila
diverse lingue (la differenza è dovuta all’ambiguità del confine tra lingue e dialetti e
pertanto alle difficoltà di classificazione). Di tutte queste lingue, circa 700 hanno
raggiunto un livello definito istituzionale e più di 1.500 sono quelle che si muovono
verso di esso. A fronte di altre 2.500 che godono di buona salute, ve ne sono poi
1.500 in difficoltà e 90 invia di estinzione
5.
La discriminazione linguistica si differenzia dagli altri tipi di discriminazione
(di razza, religione e via dicendo) per la caratteristica propria della lingua: serve per
comunicare. La discriminazione linguistica ha quindi in primo luogo lo scopo di
escludere una singola persona o un gruppo minoritario dal dialogo, dalla
comunicazione o dalla partecipazione con lo scopo di emarginarlo. Se un gruppo
parla una lingua che non tutti i presenti capiscono, automaticamente emarginano
questi ultimi che se non voglio essere esclusi sono costretti ad imparare ad usare la
lingua del gruppo dominante. Le implicazioni culturali sono evidenti. Non a caso
storicamente i conquistatori hanno sempre cercato di imporre la propria lingua ai
popoli conquistati, lingua dichiarata ufficiale, cioè l’idioma utilizzato per le leggi, gli
atti delle pubbliche amministrazioni, i contratti ecc. Il gruppo dominante ha, in questo
modo, cercato di imporre indirettamente anche la propria cultura. Ovviamente non è
possibile che venga con semplicità, ed in un breve lasso di tempo, cancellata la
lingua madre di un popolo o di un gruppo minoritario, anche se conquistato e
sottomesso, ma tale lingua risulterà secondaria rispetto a quella imposta la cui
conoscenza diventerà indispensabile per la comunicazione tra i cittadini ed il potere.
A poco a poco la lingua dei conquistati o del gruppo minoritario, continuando ad
essere inutilizzata, occuperà un posto decisamente marginale nelle relazioni tra le
persone.
La discriminazione linguistica può pertanto indicare la volontà di respingere,
rifiutare o condannare una determinata, e diversa, cultura (la lingua diventa quindi
strumento per attuare una discriminazione basata su altri motivi).
La discriminazione linguistica può essere attuata in diversi ambiti sociali e con
diverse finalità, per esempio nel lavoro (per escludere l’accesso a determinati posti o
l’ammissione a determinati concorsi), in taluni servizi pubblici o privati (rendendo
quindi difficoltosa l’accessibilità), nell’informazione (ostacolando la comprensione di
taluni diritti o doveri) e via dicendo.
La discriminazione linguistica può anche essere attuata non riconoscendo
volutamente la lingua di un gruppo minoritario, imponendo la lingua del gruppo
maggioritario, costringendo taluni ad adeguarsi per non essere esclusi. Tutto ciò non
vuol dire che in un determinata regione o Stato non debba prevalere una lingua
stabilita, soprattutto se è quella ufficiale dello Stato o della regione. La
discriminazione linguistica si attua, come abbiamo precisato, quando la diversità
linguistica è finalizzata a porre in essere un comportamento meno favorevole nei
confronti di qualcuno. Per accertare o meno se vi è discriminazione linguistica basta
infatti porsi una semplice domanda: vi è un nesso di causalità tra un trattamento
meno favorevole e la diversa lingua parlata da uno o più persone? Se la risposta è
affermativa siamo in presenza di discriminazione basata sulla lingua. In altre parole
la lingua rappresenta lo strumento per attuare l’esclusione indipendentemente dal
motivo razziale, etnico, religioso ecc. Anche per la lingua se sussiste l’ “oggettiva e
ragionevole giustificazione”, è ammissibile un diverso trattamento. E’ il caso di un
bando di concorso (o più semplicemente una offerta di lavoro) per la ricerca di un
insegnate di lingua; è ovvio che per poter ambire a quel determinato posto di lavoro
la richiesta conoscenza di una determinata lingua è condizione indispensabile; in
questo caso siamo quindi in presenza di una “oggettiva e ragionevole
giustificazione”.

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1 Cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo e Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, Manuale di diritto europeo della
non discriminazione
, Ufficio pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2011.

2 Alberto Nocentini (a cura di), L’etimologico, ed Le Monnier, 2010.

3 Antonio Tizzano (a cura di), Trattati dell’Unione europea e della Comunità europea, Giuffrè editore, Milano, 2004.

4 Cfr David Crystal, La rivoluzione delle lingue, il Mulino, Bologna, 2005.

Cfr Gian Luigi Beccaria e Andrea Graziosi, Lingua madre, il Mulino, Bologna, 2015, e Pier Marco Bertinetto, Adeguate
imperfezioni. Sulla scelta di una lingua comune per l’Europa federata ed altri saggi di linguistica
, Ed Sellerio, Palermo, 2009.

Agenzie europee, strategia per il futuro. (di Edoardo Pusillo)

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Le Agenzie europee possono essere definite organismi dotati di propria
personalità giuridica e istituiti con atti di diritto derivato (Regolamenti), cioè atti posti
in essere dalle istituzioni europee che trovano la loro fonte diretta dai Trattati (diritto
originario). Le Agenzie europee si suddividono, ma è solo una questione
terminologica, in Centri, Osservatori, Fondazioni, Autorità oppure Uffici
specializzati.
Lo stesso Regolamento istitutivo
1 del Centro di traduzione degli organismi
dell’Unione europea (CdT)
2 definisce così i principali soggetti a cui assicura i propri
servizi, cioè proprio le Agenzie: <
organismi singolarmente dotati di personalità
giuridica, di autonomia di gestione e di un bilancio proprio
>.
In quanto entità giuridiche autonome le Agenzie europee, definite talvolta Agenzie
di regolazione, costituiscono un gruppo eterogeneo e sono caratterizzate, nel loro
complesso, dall’aver introdotto un elemento di decentramento in talune attività delle
istituzioni e di supporto delle azioni europee. Si tratta infatti di organismi
appositamente creati e per questo indipendenti degli Stati, che rispondono
all’esigenza dell’Unione europea di potersi affidare, per questioni di natura giuridica,
tecnica oppure scientifica, a particolari ed efficienti strutture operative. Un
decentramento, non inteso in termini di delega o cessione del potere decisionale, che
rimane infatti saldamente ancorato alla triade istituzionale (Commissione, Consiglio e
Parlamento), ma inteso come delega di attività tecniche che altrimenti, per la loro
complessità, l’Unione non riuscirebbe a realizzare, soprattutto nell’ambito di
quell’armonizzazione tra legislazione internazionale, europea e nazionale
indispensabile perché il processo di integrazione non si fermi
3.
In considerazione del crescente numero e della notevole diversità di funzioni
svolte dalle Agenzie europee, nonché della sempre maggiore importanza che esse, nel
corso degli anni, hanno acquisto per l’esecuzione di compiti importanti nell’ambito
del difficile processo di armonizzazione e attuazione delle politiche, la Commissione
europea nel 2008 ha proposto al Parlamento ed al Consiglio, le istituzione che
rappresentano i cittadini europei ed i governi in carica degli Stati membri <
di
elaborare un quadro comune per contribuire a chiarire e standardizzare le funzioni e
i metodi di lavoro di tali agenzie
>. La proposta è contenuta nella Comunicazione al
Parlamento ed al Consiglio intitolata “Il futuro delle Agenzie europee”
4. Considerata

l’importanza acquisita dalle Agenzie nel contesto amministrativo europeo <è
necessario che le istituzioni europee abbiano una visione comune del loro obiettivo e
del loro ruolo
> e <attualmente questa visione comune non esiste>. La Commissione,
come abbiamo avuto modo di vedere anche precedentemente, sottolinea <
che le
agenzie possano fornire un reale valore aggiunto agli organismi di governance
dell'Unione
> ma <attualmente questo potenziale viene ostacolato dalla mancanza di
una visione comune del ruolo e delle funzioni delle agenzie di regolazione
>.
Va ricordato che già nel 2005 l’esecutivo europeo aveva presentato un progetto
di accordo interistituzionale per definire le regole base relative alla creazione, al
funzionamento e al controllo delle Agenzie di regolazione nell'ambito del “primo
pilasto”
5. Sebbene quel progetto facesse riferimento prevalentemente le nuove
agenzie, quelle regole potevano essere utilizzate per analizzare, in maniera formale o
informale, il meccanismo di funzionamento delle agenzie esistenti. Appena un anno
dopo però, nel 2006, i negoziati su quel progetto di accordo si arenarono poiché il
Consiglio non era disposto ad occuparsi della questione ed erano stati sollevati dubbi
sull'idoneità dell'accordo interistituzionale come strumento di intervento.
La necessità di un inquadramento, di un
common framework, per usare
l’espressione inglese, delle Agenzie era rimasta una questione aperta. E così la
Commissione, nel 2008, è tornata a sostenere la necessità di elaborare una struttura
comune per le Agenzie pur nella consapevolezza che le diversità tra una e l’alta
Agenzia, sia sotto forma di funzioni, ma anche di funzionamento e di metodi di
lavoro sussistono e sussisteranno sempre perché sono conseguenza di scelte derivare
dalla necessità di permettere ad ognuna di svolgere al meglio le proprie funzioni. La
Commissione sottolinea però che <
È necessario trovare un equilibrio tra la necessità
di definire una strategia sufficientemente uniforme che consenta alle agenzie di
svolgere un ruolo coerente nel quadro della governance europea e l'esigenza di tener
conto delle caratteristiche specifiche delle singole agenzie
>6. Ed è necessario che, in
quanto organismi pubblici dell'UE, <
tutte le Agenzie devono essere organizzate in
maniera tale da rispettare il principio fondamentale della responsabilità e della sana
gestione finanziaria
>7.
La Comunicazione della Commissione al Parlamento ed al Consiglio dell’11
marzo 2008 sul “Il futuro della agenzie” non va oltre la semplice enunciazione degli
elementi fondamentali di un progetto di inquadramento delle Agenzie, probabilmente
per non compromettere quel dialogo tra gli Stati nella ovvia consapevolezza che,
anche in questo campo, è necessario un accordo comune tra gli Stati che
appartengono all’Unione europea.
Il nuovo documento la Commissione delinea la sua strategia d’azione precisando
che non essendo <
stato possibile portare avanti la proposta di accordo
interistituzionale, la Commissione intende ritirarla e sostituirla con un invito ad
avviare un dibattito interistituzionale per definire una strategia comune
>. Il primo
passo potrebbe essere la costituzione di un gruppo di lavoro interistituzionale <
un

forum nell'ambito del quale le tre istituzioni possano eseguire una valutazione
politica collettiva dell'operato delle agenzie e del loro ruolo all'interno dell'Unione.
Ciò permetterebbe di sviluppare una visione comune della configurazione ideale
delle agenzie di regolazione e di definire in maniera chiara le responsabilità delle
singole istituzioni nei loro confronti
>. Un dialogo interistituzionale che ha come
naturale sviluppo il raggiungimento di una intesa politica. Nel frattempo la
Commissione si prefigge il compito di avviare
<una valutazione approfondita delle
agenzie di regolazione, che contribuirà ad alimentare l'attuale dibattito sul futuro del
sistema delle agenzie comunitarie
> riferendo poi i risultati a Parlamento e Consiglio .
La Commissione, inoltre, ha deciso di non formulare proposte per la creazione di
nuove agenzie di regolazione fino al completamento della valutazione. Nel contempo
però porterà avanti il processo di revisione del campo d'azione delle Agenzie
esistenti.
Giugno 2018

_____________________________________________________________________________

1 Regolamento (CE) n. 2965/94.

2
Il Centro di traduzione è stato istituito nel 1994 ed ha sede in Lussemburgo, si occupa di traduzione altamente specializzata e consegna una media di
750 000 pagine l’anno a più di 60 clienti in tutta Europa. Il Centro è cresciuto costantemente, di pari passo con un numero in ascesa di lingue ufficiali
dell’Ue.

3
Cfr. Edoardo Pusillo, Europa, contenuti politici giuridici ed economici del processo di integrazione, terza edizione, Ecig, Genova, 2015

4
COM (2008) 135 dell’11.3.2008

5
COM (2005) 59 del 25.2.2005

6
COM (2008) 135 dell’11.3.2008

7
COM (2008) 135 dell’11.3.2008

Scuola e disagio sociale in un documentario premiato al CineGaiaFilmFestival di Lucca

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E' stato prodotto dall'Associazione genovese CEDU (Centro per l'Educazione ai Diritti Umani) il documentario Nel cuore degli uomini. Ripensare l'educazione che domenica 27 maggio 2018 ha ricevuto il Premio alla Miglior Opera nella Sezione “Fuori Concorso” della 1^ edizione del CineGaiaInternationalFilm Festival di Lucca.

Il documentario diretto da Stella Acerno, Presidente del CEDU, analizza l'aumento del disagio sociale e dei giovani. E' soprattutto la scuola oggi a vedere spesso il mondo giovanile in difficoltà.

Il filmato presenta varie interviste: dirigenti e docenti degli istituti superiori genovesi con il loro impegno, un regista e attore teatrale come Pino Petruzzelli con i suoi progetti artistici, insegnanti di Mindfulness e di Yoga che raccontano la loro esperienza e le loro attività per accrescere negli studenti il senso di responsabilità e la cittadinanza attiva.

“Sono progetti artistici e culturali - afferma Stella Acerno, che è stata docente di materie letterarie presso gli Istituti secondari superiori a Genova - che hanno un grande valore non solo per gli studenti, ma per le loro famiglie e per la società nel suo complesso. Pur restando un riferimento importante – precisa l'autrice del documentario - la scuola necessita di un cambiamento significativo importante. Nel filmato ad esempio le analisi del sindacalista della GILDA Andrea Carosso evidenziano i limiti delle istituzioni scolastiche e le loro cause. Ci sono difficoltà che tanti docenti ogni giorno affrontano con disagio, come talvolta riferiscono taluni fatti di cronaca. Sono d'accordo con l'insegnante di Mindfulness Matteo Simonitti, quando dice che oggi c'è una profonda esigenza di umanità.

Le interviste e i filmati confermano da vari ambiti la necessità di sviluppare la conoscenza di sé e delle proprie emozioni. Educare alla relazione con sé stessi e con gli altri nelle scuole – conclude Stella Acerno - non può più restare un fatto episodico affidato alla buona volontà di docenti, dirigenti ed esperti. Deve entrare a far parte in modo sistematico dell'attività formativa delle istituzioni scolastiche, perché sta alla base della convivenza civile. Basta guardarsi intorno per verificarne l'urgenza”.

Il filmato ed il trailer sono scaricabili ai link https:/www.youtube,com/watch? v=X3fsHQE_1WY&sns=em e https://youtu.be/YKC0EeimWA8

Il CineGaiaInternationalFilm Festival, Festival del Cinema sullo Sviluppo Sostenibile per il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda 2030, è organizzato e sostenuto dall’Associazione Villaggio Globale di Bagni di Lucca diretto da Nitamo Federico Montecucco, dal Club per l’UNESCO di Lucca diretto da Annateresa Rondinella e dal Consiglio Internazionale del Cinema, Televisione e Comunicazione Audiovisiva (CICT) ONG in Partnership Ufficiale con l’UNESCO con sede presso l’UNESCO Parigi, e in collaborazione con la Presidenza del Comitato Italiano per il Decennio UNESCO di Educazione allo Sviluppo Sostenibile (DESS).

Tra i membri della giuria internazionale Piero Angela, Divulgatore Scientifico, Aurelio Angelini (Sociologo Presidente del Comitato Italiano per il Decennio UNESCO di Educazione allo Sviluppo), Ervin Laszlo, Filosofo della Scienza candidato due volte premio Nobel per la pace.

 

Genova 31 maggio 2018

comunicato stampa






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13 ottobre 2017 Proiezione documentario "Nel cuore degli uomini. Ripensare l'educazione tra consapevolezza ed empatia" al Vittorio Emanuele II- Ruffini di Genova

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Venerdi 13 ottobre 2017, alle ore 20.15 presso l'Aula Magna dell'Istituto Vittorio Emanuele II - Ruffini - Largo della Zecca 4 - Genova
si è tenuta la proiezione del documentario di Stella Acerno NEL CUORE DEGLI UOMINI Ripensare l'educazione tra consapevolezza ed empatia con il patrocinio dell'Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria - Direzione Generale Introdurrà l'incontro il Dirigente Scolastico dell'Istituto Vittorio Emanuele II Giovanni Pietro Poggio
Con la partecipazione di Pino Petruzzelli, attore e regista teatrale
Interventi di: Benedetto Montanari, già Preside Istituto Vittorio Emanuele II
Ruffini;  Agostino Calvi, Responsabile corso serale dell'Istituto; Stella Acerno, autrice del documentario 
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locandina

27 01 2016 Proiezione del film "GlobalShift. La Re-Evoluzione della Coscienza Globale

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Mercoledi 27 gennaio 2016 - Alle ore 20.15 presso l'Aula Magna dell'Istituto Vittorio Emanuele II - Ruffini  Largo della Zecca 4 - Genova
 proiezione del film
GlobalShift - La Re - Evoluzione della Coscienza Globale
regia di
Federico Nitamo Montecucco

INGRESSO LIBERO

LOCANDINA


Il film "Globalshift" è un documentario sulla globalizzazione del pianeta che mette in evidenza come i disastri ecologici, sociali ed umani possono essere risolti attraverso una nuova coscienza globale, e come ogni cittadino della Terra può fare un salto di consapevolezza e diventare un protagonista attivo del cambiamento verso una società più etica, sostenibile e pacifica.